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Saper decidere

E. Jaques (1978) afferma che:  

“decidere deriva da de-cadere (tagliar via); ciò implica avviarsi sul sentiero scelto nel senso di scartare definitivamente le altre possibilità (o di decidere di non cercarne altre) e seguire il sentiero scelto nella realtà esterna. […] 

Il momento della decisione è quello che più fa sorgere ansie: simbolizza il taglio e il parto; è il punto senza ritorno; implica la perdita di altre possibili linee di azione alle quali bisogna rinunciare; è il momento del successo o del fallimento.”

Anche nell’epoca della cosiddetta “modernità liquida” (Bauman, 2000), in cui tutte le scelte – dal lavoro alle relazioni – sembrano in qualche modo reversibili, la persona è spesso paralizzata di fronte ai bivi che la vita pone. 

Ciò accade perché la molteplicità delle opzioni possibili si scontra con la limitatezza del tempo e della materialità: non si possono vivere più vite contemporaneamente. 

Il proliferare della realtà virtuale sollecita sempre di più l’individuo a fantasticare su mille mondi paralleli (metaverso). 

Il rischio è di ritrovarsi a patire per le numerose possibilità scartate invece di godere dell’unica realtà scelta ed effettivamente esistente.

Decidere ha come presupposto la libertà e come componente il rischio. L’essere umano si trova costantemente nella condizione di scegliere. 

Saper decidere di fronte a pressioni esistenziali

Sulla base del pensiero esistenzialista, alcuni terapeuti, tra cui I. Yalom, hanno delineato cinque pressioni esistenziali che mettono l’uomo in tensione e gli rendono ancor più arduo decidere. Esse sono: 

1. La finitudine

E’ la percezione che tutto ha una fine e che è destinato a passare in maniera irreversibile.
Per il filosofo greco Eraclito, non è possibile fare la stessa esperienza due volte, perché la realtà è in costante mutamento: 

“non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va”.  

Anche i mutamenti più vitali, come la nascita, si basano sulla perdita definitiva di un precedente status: il bambino non potrà più tornare nell’ utero materno, né la madre potrà portare in grembo lo stesso figlio. 

Di fronte alla consapevolezza che tutto è destinato a finire, l’uomo può decidere di ritirarsi in se stesso, senza investire nella realtà esterna. 

Oppure può negare l’evidenza e vivere come se non dovesse mai morire o invecchiare. 

Oppure può accettare il limite come sprone a massimizzare il proprio adattamento creativo alla vita.

2.La solitudine

E’ la percezione di un contatto carente o insufficiente con l’Altro. 

La solitudine può essere percepita a livello interpersonale, nel caso di un contatto carente tra la persona e gli altri esseri umani.

Oppure a livello intrapersonale nel caso di contatto carente tra parti di sé, come il maschile e il femminile o tra il Bambino, il Genitore e l’Adulto interiori. 

Oppure, si parla di solitudine a livello esistenziale nel caso di contatto carente tra sé e l’Universo/il Trascendente. 

In questo caso l’uomo percepisce una tensione verso l’infinito e l’eterno, ma non trova il modo di dare voce a questo desiderio profondo. 

Ci sono momenti cruciali, come la nascita e la morte, che l’individuo è costretto ad affrontare in prima linea e da solo. 

Certo, qualcuno può stargli accanto e dargli conforto, ma non si può sostituire a lui: resta il peso di essere nudo e fragile di fronte al mistero dell’esistenza. Questa vertigine può impedire alla persona di scegliere in maniera risoluta.

3. La responsabilità

E’  la percezione che il libero arbitrio comporta sempre il peso di dover rispondere delle proprie scelte, davanti a sé e al mondo. Sentirsi responsabili di come si conduce la propria esistenza può spaventare perché denuda da qualsiasi alibi. 

“L’essenziale non è ciò che si è fatto all’uomo, ma ciò che egli fa di ciò che gli è stato fatto”. (Sartre) 

Anche quando si rifugia nell’immobilismo, o demanda ad altri le scelte, l’individuo sta comunque esercitando la sua libertà.

 “L’ uomo è condannato ad essere libero: condannato perché non si è creato da se stesso e pur tuttavia libero, perché, una volta gettato nel mondo è responsabile di tutto ciò che fa” (Sartre).

4. L’imperfezione

E’ la percezione dello scarto tra la realtà e i propri desideri.  Attiene alla presa di coscienza dei propri e altrui limiti. 

Ogni decisione si basa su informazioni incomplete, e va incontro a messe in atto perfettibili e limitate. 

Infine, gli effetti sono molte volte scarsamente prevedibili. Tutte queste incognite possono paralizzare la persona al bivio.

 

5.La ricerca di senso

E’ il bisogno di trovare un nesso tra le cose della propria vita e più in generale della vita. 

Un soggetto che orienta la propria esistenza percependone un senso profondo, probabilmente opererà le sue scelte secondo un criterio preciso. 

In assenza di un senso chiaro di sé, più facilmente le scelte saranno casuali, volubili, contraddittorie, delegate o rimandate. 

“La vita può essere trainata dagli obiettivi tanto quanto può essere spinta dagli impulsi.” (V. Frankl)

Prendere decisioni è un processo molto complesso che coinvolge ragionamenti, valori e emozioni. 

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