Nello studio dello psicologo capita spesso che i pazienti cerchino rassicurazioni. Temono di non essere normali: si chiedono se quello che provano o che pensano sia comune e capiti anche ad altri.
Tutti nel corso della vita possono vivere situazioni che suscitano emozioni così intense da mettere alla prova. Ci si interroga sulla propria tenuta psichica. Ma cos’è la normalità? E soprattutto… esiste?
Essere normali secondo Bergeret
Un grande psicoanalista francese, Bergeret, scriveva:
“la ‘normalità’ è spesso considerata in funzione degli altri, dell’ideale o della regola. Per cercare di rimanere o diventare ‘normale’ il bambino si identifica con i ‘grandi’ e l’ansioso li imita.”
Il concetto di normalità varia al cambiare delle epoche e delle culture, di stereotipi e di pregiudizi e si rapporta alla realtà profonda di ciascuno. La normalità implica un grado di adattamento alle richieste dell’ambiente familiare e sociale.
Possiamo quindi dire che l’anormalità rischia di venire dichiarata ogni volta che l’essere umano esce dall’ adattamento atteso e richiesto o dalle norme imperanti. Spesso purtroppo ciò che è altro da noi, il “diverso” viene considerato “anormale” o “patologico”.
In realtà non è possibile incontrare qualcuno che aderisca in modo perfetto a quella che viene identificata come la norma del momento, pertanto si potrebbe dire che ciascuno presenta un aspetto o uno stato “patologico” nel senso di un’alterazione, di una deviazione dalla norma. Insomma, da vicino nessuno è normale.
Bergeret spiega che veramente “sano” non è colui che si considera sano, né tanto meno un malato che non sa di esserlo. E’ una persona che non ha ancora incontrato sulla sua strada difficoltà superiori al suo bagaglio affettivo e alle sue facoltà personali.
Una persona che si permette un gioco abbastanza elastico dei suoi bisogni più profondi, sia sul piano personale sia su quello sociale, tiene in giusta considerazione la realtà e si riserva il diritto di comportarsi in modo apparentemente aberrante in circostanze eccezionalmente “anormali”.
Questo significa che chiunque, in determinate circostanze, può incontrare una sofferenza psichica e che chiunque l’abbia incontrata può cercare di superarla.
Le manifestazioni esteriori della sofferenza, i sintomi, non indicano necessariamente il tipo di struttura psicologica della persona che li vive, né segnalano sempre la gravità della crisi che attraversa. Una persona può avere una struttura di base solida ma si trova davanti a situazioni traumatiche. Un’altra può avere una struttura meno stabile e vive spesso sensazioni di disagio psichico.
Essere normali secondo Canguilhelm
“La malattia entra ed esce dall’ uomo come da una porta. Non è soltanto squilibrio o disarmonia: è anche e soprattutto sforzo della natura nell’ uomo per ottenere un nuovo equilibrio. La malattia è una reazione generalizzata il cui scopo è la guarigione.”
Queste sono parole di Canguilhelm, filosofo ed epistemologo francese che definisce la vita “come ciò che è in grado di commettere un errore”, elemento indispensabile per l’evoluzione, il progresso, il cambiamento.
Essere normali secondo Bollas
Christopher Bollas definisce le persone apparentemente stabili, sicure, integrate con la società come “normotiche” ossia “anormalmente normali”. Sono persone che faticano a mantenersi in contatto con il loro mondo interiore, con i propri sentimenti e affetti e che si rifugiano in un mondo di oggetti a cui finiscono per assimilare il loro stesso essere.
La personalità normotica si difende aderendo ad una routine fatta di abitudini consolidate che hanno lo scopo di mantenere un equilibrio costante. Abitudini da cui finisce per dipendere, pur di non provare ansia, rabbia, depressione, colpa o qualsiasi altro stato affettivo o emotivo che possa portare tensione o disagio.
Il rischio di aderire alla normalità è quello di diventare una persona che potremmo definire ‘senza lacrime’, incapace cioè di esprimere il suo dolore.
Spesso la manifestazione di un disagio psichico è invece una richiesta di aiuto a partire dalla quale, se ascoltata, può iniziare la ricerca di un nuovo equilibrio. Tuttavia, non sempre è possibile affrontare questi momenti di “crisi” da soli. In questo casi la psicoterapia può essere un valido supporto.
E’ possibile ascoltare questo articolo in formato audio.
Fa parte del podcast La Voce dello Psicologo, nato in collaborazione con la dott.sa Prisca Ravazzin e Adolescenzainforma.