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Bias ed euristiche del pensiero

Bias ed euristiche sono distorsioni del pensiero e scorciatoie di ragionamento, che l’essere umano usa senza accorgersene. 

Il loro scopo è semplificare la sua visione della realtà, spesso troppo difficile da gestire.

Diversi studi hanno dimostrato come le persone traggano conclusioni (inferenze) usando strategie di ragionamento che violano le leggi della logica formale e della teoria della probabilità

Questo avviene perché la realtà è estremamente complessa e i soggetti non sono in grado di gestire tutte le informazioni in maniera efficace ed efficiente, per cui ricorrono a delle scorciatoie del pensiero. 

I bias sono tendenze erronee e sistematiche che influenzano i giudizi inferenziali.

Secondo D. Kahneman e  A. Tversky, i bias sono il risultato dell’applicazione di alcune strategie semplificatorie, dette euristiche, come:

  • l’euristica della rappresentatività: un evento viene considerato appartenente ad una data categoria perché la sua descrizione è simile a quella categoria. Ovvero si classificano le cose per approssimazione e similitudine (ad esempio, “se un uomo è molto alto, probabilmente giocherà a basket”).
  • l’euristica della disponibilità: la stima della frequenza o probabilità di un evento si basa sulla facilità e rapidità con cui vengono in mente esempi che appartengono alla categoria. Ovvero si sovrastima la probabilità che si verifichi un evento se è impresso o disponibile nella propria memoria (ad esempio, “i treni sono sempre in ritardo”).
  • l’euristica dell’ancoraggio e aggiustamento: la stima della probabilità di un evento si basa essenzialmente sulla valutazione iniziale della situazione, detta àncora. Ovvero la prima impressione ha un peso particolare.

Spesso le persone sono fiduciose dei loro giudizi, sebbene infondati (overconfidence). In questo caso possono intervenire due tipologie di bias:

  • bias che porta a cercare l’evidenza a favore dell’idea iniziale, trascurando l’evidenza contraria;
  • bias che porta a credere di avere una qualche forma di controllo sugli esiti delle proprie scelte anche quando effettivamente non se ne ha alcuno (sovrastima di sé)


Bias e dissonanza cognitiva

L. Festinger parla di dissonanza cognitiva per descrivere la contraddizione interna che sperimenta la persona quando le sue opinioni e le sue credenze sono in contrasto fra loro. 

Oppure sono in contrasto con il suo comportamento manifesto (presente o passato) o con l’ambiente circostante. 

La dissonanza cognitiva può scaturire da:

  • costumi culturali differenti, inerenti alla persona e il contesto in cui opera;
  • incoerenza logica tra due assunti della persona, che dunque sono inconciliabili;
  • credenze consolidate che stridono con le tendenze attuali.

“La presenza della dissonanza fa sorgere pressioni per ridurla o eliminarla; la forza delle pressioni per ridurre la dissonanza è in funzione della grandezza della dissonanza. In altre parole la dissonanza agisce nello stesso modo di un impulso o di uno stato di bisogno o di tensione”. (L. Festinger)

La dissonanza viene gestita la persona che la sperimenta:

  • modificando la propria opinione
  • modificando il proprio comportamento
  • modificando l’ambiente in cui ci si trova ad operare
  • integrando un nuovo elemento cognitivo che, nell’ insieme, modifichi il rapporto tra le parti in contrasto (Galimberti)

Quando una persona si trova di fronte alla prova che le sue convinzioni o certezze sono errate, tenderà ad agire per ridurre questa dissonanza. 

Potrà ignorare nuove informazioni o sviluppare ragionamenti contorti per mantenere i suoi convincimenti (confirmation bias).


Tendenza ad autoconvincersi

A seguito di una decisione effettuata, spesso le persone tendono ad autoconvincersi di aver fatto la scelta migliore. Si focalizzeranno solo sulle informazioni a favore della propria decisione e sminuiranno le alternative scartate. 

È il caso di un soggetto che acquista un’auto dopo averla scelta faticosamente tra altri 3 modelli altrettanto validi. 

Dopo l’acquisto, rimuoverà i suoi precedenti dubbi, godendosi una rassicurante certezza.

Constatare di non aver compiuto scelte ottimali genera disagio e la persona tende a evitare sensazioni spiacevoli. 

Così facendo protegge la propria autostima, ma rinuncia a occasioni di crescita.

Nonostante questi accorgimenti, non è sempre facile risolvere le dissonanze cognitive, perché può essere complesso modificare l’ambiente o le proprie abitudini. 

Talvolta, eliminando certe contraddizioni, se ne generano altre.

Oltre alla complessità di informazioni che viene dall’esterno, l’essere umano deve confrontarsi con le pressioni esistenziali. Tutto ciò gli rende ancora più difficoltoso prendere delle decisioni. Ne parlo nell’articolo Saper decidere.